QUARANTENA: “IL PIU’ BEL PERIODO DELLA MIA VITA”

In questo tempo sospeso, immobile, congelato seppure tanto carico di forti stati d’animo e di intense angosce mi trovo a riflettere in merito alla mia esperienza di psicologa e psicoterapeuta che opera a contatto con minori e famiglie.

Continuando a lavorare da remoto, attraverso consulenze on line, ho accompagnato – e sono stata testimone – del viaggio di tante famiglie e di tanti bambini attraverso questa quarantena: un tempo molto lungo in cui genitori hanno condiviso in modo continuativo tanto tempo con i loro figli, cosi come non accadeva da tempo, forse da mai, visto che anche il periodo delle vacanze estive spesso non vede le famiglie vivere a così  stretto contatto per tanti giorni.

L’emozione probabilmente più diffusa e più comune tra le persone residenti in Lombardia in questa pandemia è stata la paura: paura per la propria salute, paura per i propri cari, paura per il presente e per il futuro. Ho visto adulti dapprima meno consapevoli di quanto stava accadendo e poi via via sempre più spaventati.

Ma cosa dire dei bambini?

Premetto che il mio osservatorio fa riferimento ad una popolazione non colpita direttamente dal virus, ma – come sappiamo – comunque vittima di una traumatizzazione secondaria, cioè colpita dalla pandemia in forma indiretta. Vivere in una situazione di rischio per la propria incolumità, così come è stato ed è tuttora nella nostra regione, comporta per il nostro corpo e per la nostra mente uno stato di allerta, di attivazione psicofisica, il cosiddetto arousal , cioè la risposta fisiologica ad un pericolo percepito. Possiamo ipotizzare che tale condizione emotiva sia stata pervasiva nella popolazione adulta lombarda, nei tanti genitori a casa con i loro bambini.

Ciò che apparentemente potrebbe stupire è invece sentire come tanti bambini nella fascia di età 3-10 anni circa, abbiano vissuto la quarantena come un periodo ‘felice’ ( Alessandro 9 anni): per Martina (4 anni) addirittura ‘il periodo più bello della mia vita!’; Laura (8 anni) ‘sto passando delle cosi belle giornate che non mi mancano nemmeno le mie amiche!’. Sembra che in tante famiglie i figli abbiano quasi “goduto” della stretta vicinanza con i loro genitori, del tempo sospeso, che ha dato spazio allo stare insieme.

Tali ingenui commenti sono stati in realtà molto illuminanti per una psicoterapeuta come me che fonda il proprio lavoro clinico sul concetto di relazione ed in particolare sulle relazioni primarie che ogni bambino instaura con le proprie figure genitoriali,  cosiddette di attaccamento. Come spiega Bowlby nella sua teoria dell’attaccamento, il genitore rappresenta la base sicura alla quale il bambino mantiene la prossimità nei momenti di vulnerabilità e di pericolo, e dalla quale può allontanarsi nei momenti di tranquillità per esplorare il mondo e farvi ritorno.

E ancora, il bambino, a partire dai tre anni di vita circa, inizia a percepire la propria figura di attaccamento come indipendente da sé, nel tempo e nello spazio; inizia a coglierne i sentimenti e le motivazioni e, in conseguenza di ciò, interpreta la realtà circostante sulla base delle reazioni emotive del genitore poiché non ha ancora le competenze cognitive per affidarsi ad una propria valutazione.

Da ciò quindi assumono una fondamentale importanza la modalità con cui il genitore  affronta le criticità e il massaggio di pericolo che trasmette al proprio bambino sia verbalmente che con il comportamento non verbale composto di gesti, espressioni, comportamenti.

Possiamo quindi ipotizzare che qualora gli adulti significativi siano stati in grado di vivere la propria quarantena, ed il periodo successivo, cercando di modulare il proprio stato emotivo con un sufficiente equilibrio psichico, valutando i reali pericoli e mettendo in atto quei comportamenti protettivi che consentano di tutelarsi, per quanto possibile, dall’esposizione al virus, anche i loro bambini ne possano beneficiare, non solo in termini di protezione dalla malattia, ma anche in relazione al raggiungimento di uno stato emotivo di maggior tranquillità.

La frequenza con cui tanti bambini sono riusciti a vivere la quarantena godendo della vicinanza dei loro genitori, e convivendo serenamente con la pandemia, sembra dunque essere un fattore protettivo importante per la loro tutela.  Possiamo ipotizzare, quindi, che in tali casi le figure adulte siano state sufficientemente in grado di riconoscere le proprie emozioni, di farsene carico, senza confonderle con quelle del proprio bambino e magari di spiegare anche ai piccoli di casa cosa stesse, e tuttora sta, accadendo senza minimizzare e negare tali emozioni.

Ciò che pare fondamentale agli occhi dei bambini per poter essere credibili, affidabili, e quindi protettivi, è mostrare una coerenza tra quanto si dice verbalmente e quanto si comunica attraverso i comportamenti e le espressioni che i bambini stessi colgono. La discrepanza tra questi due livelli comunicativi, infatti, rischia di costituire un fattore di scarsa chiarezza e toglie credibilità ai genitori stessi che, spesso senza accorgersene, veicolano informazioni diverse da quelle che dichiarano verbalmente.

Per concludere possiamo affermare che, in una situazione di pandemia, di allarme globale, laddove si vive la paura del contagio (vittimizzazione secondaria), la modalità dei genitori di comunicare e trasmettere le proprie emozioni con i loro figli, pare un fattore determinante per aiutare i bambini a vivere il pericolo reale sentendosi comunque protetti.

La relazione di attaccamento col genitore sembra rappresentare la più importante risorsa di protezione per il bambino a difesa del pericolo fisico ed emotivo; da ciò, per noi clinici che lavoriamo con le famiglie, discende la fondamentale importanza che assume il sostegno  alla coppia genitoriale perché costituisca una buona base sicura per i propri figli, soprattutto in un momento di crisi quale quello che stiamo vivendo.

Dott.ssa Elena Possa

psicologa, psicoterapeuta

BIBLIOGRAFIA

John Bowlby Una base sicura Raffaello Cortina Editore.

Jeremy Holmes La teoria dell’attaccamento Raffaello Cortina Editore.                              

Anna Rita Verardo, Giada Lauretti Riparare il trauma infantile Giovanni Fioriti Editore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *